La provincia di Pordenone
Le origini
La presenza di insediamenti umani nel Friuli occidentale è documentata fino dal termine dell’epoca dell’uomo di Neanderthal, accertata da ricerche nella zona delle Grotte Verdi a Pradis di Sotto, nel comune di Clauzetto.
Intorno al 10 000 a.C., nella stessa località si è rilevata anche la presenza di gruppi di cacciatori di marmotte e, all’incirca dello stesso periodo, sono state trovate tracce di accampamenti stagionali in quota nel Cansiglio e in Piancavallo. Insediamenti fissi, con villaggio palafitticolo, si trovavano a valle nella zona del Palù del Livenza, tra Polcenigo e Caneva. La presenza dell’uomo, successivamente, si spostò nella bassa pianura e prove dell’esistenza di gruppi organizzati si sono avute con gli scavi effettuati a Fagnigola di Azzano Decimo, a Taiedo di Chions, in località Boscat di San Vito al Tagliamento e a San Giovanni di Casarsa. Poco successivi (3000 a.C.) risultano i reperti trovati a Sequals, a San Tomè di Budoia e a Bannia di Fiume Veneto.
Notizie documentate degli antichi abitanti del Pordenonese si hanno dell’Età del Bronzo, con i ritrovamenti anche di strutture costruite come i castellieri realizzati con argini di forme varie, tumuli-tombe e quelli formati da residui di attività agricole.
Altre popolazioni si sovrapposero nel territorio, a partire dal I millennio a.C. con la penetrazione da ovest dei Paleoveneti e, secoli dopo, dei Celti provenienti dall’Europa centrale.
L’epoca romana e le invasioni
Notizie della romanizzazione del Friuli occidentale si hanno a partire dal III secolo a.C. per la necessità di difesa dalle incursioni di popolazioni transalpine verso la pianura padana con tentativi anche di stabilizzarsi. Dopo la fondazione di Aquileia, nel 181 a.C., e la costruzione delle strade, i Romani posero mano alla centuriazione dei terreni, per rendere coltivabili vaste aree occupate da boschi nella bassa pianura.
Poco successiva a questa epoca è la villa romana di Torre di Pordenone, che aveva una banchina fluviale sul Noncello, e altri insediamenti collegati ad attività agricole scoperti anche a nord di Pordenone. Il territorio tra i fiumi Livenza e Tagliamento venne amministrato, all’epoca, dalla città romana Julia Concordia, l’attuale Concordia Sagittaria, e un altro insediamento romano importante venne costituito nella vicina Opitergium, l’odierna Oderzo, in riva al fiume Monticano, affluente del Livenza.
L’area fece parte della X Regio Venetia et Istria e, nel 313 d.C., con l’editto di Costantino, venne ufficializzata la religione cristiana, già praticata clandestinamente.
Per la facile accessibilità dei suoi valichi, il Friuli era sempre stato minacciato dalle invasioni delle popolazioni provenienti dall’Europa centrale, che si intensificarono nell’ultimo periodo dell’impero romano protraendosi per oltre cinque secoli. Nel 401 d.C. fu la volta dei Visigoti che, nel 410 arrivarono fino a Roma, a cui seguirono tra gli altri gli Unni, gli Eruli e, infine, gli Ostrogoti, che si si stabilizzarono.
Contemporaneamente si ebbero migrazioni slave, provate dalla presenza di toponimi come ‘Sclavons’, frazione di Cordenons.
Nel secolo successivo in Friuli e nella Destra Tagliamento arrivarono i Longobardi, che si stabilirono principalmente nell’area di Forum Julii, l’attuale Cividale, eleggendola capitale del loro ducato. Anche i Longobardi, il cui dominio si protrasse per due secoli, dovettero difendersi da altre penetrazioni nel territorio come quella degli Avari nel 610 d.c. Nel corso della seconda metà dell’VIII secolo, l’arrivo dei Franchi in Italia pose fine alla dominazione longobarda e, appoggiati dalla Chiesa e dalla popolazione, a cui concessero privilegi e possedimenti, diedero inizio all’epoca dei feudatari. Questo periodo fu caratterizzato, in epoche successive, da scontri armati per il possesso delle terre ai quali si aggiunse l’invasione degli Ungari, che provocò altre distruzioni e massacri.
Molte attività agricole e commerciali vennero abbandonate a causa degli spostamenti della popolazione verso zone impervie lagunari e montane, creando i presupposti per la formazione di nuovi abitati. Importante fu la funzione dei monaci benedettini dell’abbazia di Sesto al Reghena che, avendo ottenuto in donazione vasti possedimenti, provvidero alle necessarie ricostruzioni, a partire dai luoghi di difesa.
Nel 1077, l’investitura feudale del Patriarcato di Aquileia di vastissimi territori diede inizio al principato politico-ecclesiastico che durò quattro secoli, con l’esclusione del territorio di Pordenone che rimase sotto l’influenza di casate transalpine. Il Friuli occidentale, nel periodo patriarcale, fu oggetto di continui conflitti per il possesso dei feudi, con intromissioni di goriziani da una parte e trevigiani dall’altra, con alterne vicende che interessarono Caneva, Montereale, Pinzano, Spilimbergo e San Vito.
La situazione mutò con la Repubblica di Venezia, che iniziò la sua espansione verso l’entroterra e che si concluse nel 1420 con la conquista del Friuli, a eccezione di Pordenone, che entrò a far parte dei domini della Serenissima solo nel 1508, grazie ai servigi del condottiero Bartolomeo d’Alviano a cui venne concesso in feudo la città e i suoi possedimenti.
Dal periodo veneziano a Napoleone
Durante la dominazione della Repubblica di Venezia furono limitati i poteri del Patriarcato di Aquileia ma in gran parte conservati i vari privilegi e i feudi. Ma dopo i gravi fatti del carnevale del 1511, quelli della rivolta armata dei contadini e popolani contro i feudatari, Venezia fu costretta ad accordare limitati poteri anche alle classi subalterne, con l’istituzione della Casa della Contadinanza. Anche nei tre secoli in cui il Friuli rimase assoggettato a Venezia non mancarono gravi e ripetute scorrerie da parte degli eserciti turchi che imposero, alla fine del 1400, il rafforzamento delle difese verso est di alcuni castelli e la chiamata di Leonardo da Vinci che propose la realizzazione di sbarramenti sul fiume Tagliamento.
Sotto Venezia il Friuli visse tre secoli di sviluppo economico, ottenuto però dalla sottomissione della maggioranza degli abitanti che soffrirono gravi carestie, epidemie di peste e di colera, danni ricorrenti per alluvioni, siccità, terremoti e inverni rigidi, attacchi di lupi e persino invasioni di cavallette. Questa situazione mutò sensibilmente con l’arrivo delle truppe napoleoniche, che sconfissero gli austriaci sul Tagliamento, costringendoli alla ritirata fin oltre Tarvisio. La presenza delle truppe francesi ebbero l’effetto di portare, oltre ai saccheggi e alle razzie, anche forti aneliti di libertà che però durarono poco perché, dopo il trattato di Campoformido e la sconfitta, nel 1809, dell’esercito napoleonico tra Pordenone e Sacile, il Friuli venne assegnato all’Austria sottraendo il Portogruarese all’amministrazione di Udine.
L’unificazione italiana
Nel breve periodo di appartenenza al Regno Lombardo-Veneto, durato circa mezzo secolo, la Destra Tagliamento ritrovò un’amministrazione ordinata, se pur molto rigida, che cominciò a favorire l’istruzione della popolazione, per la maggioranza analfabeta.
Si costruirono le ferrovie e si agevolarono importanti investimenti nel settore industriale che, per la prima volta, si identificava con strutture di grande dimensione e moderne. Nonostante ciò, l’estrema povertà in cui versava gran parte della popolazione provocò l’emigrazione di molta gente, in particolare dai paesi dell’alta pianura e della montagna in quasi tutta Europa, fatto che non ebbe soluzione di continuità fino al 1950 e anche nei decenni successivi, che videro la presenza di lavoratori friulani dalla Siberia alle Americhe e fino in Australia.
Tra il 1915 e il 1918 il Friuli divenne campo delle operazioni militari della Grande Guerra e dovette ospitare centinaia di migliaia di soldati. Nel novembre del 1917 la Destra Tagliamento venne occupata dagli austroungarici, costringendo parte della popolazione a sfollare in tutta Italia e quella rimasta a subire ancora razzie e violenze.
La situazione si ripeté nel corso della seconda guerra mondiale, quando, dopo l’8 settembre 1943, il Friuli venne incluso nel territorio del Rerzo Reich e vari paesi del Pordenonese, oltre a quelli della Carnia, furono assegnati ai cosacchi. Dopo la liberazione, nel 1945, il Friuli conobbe la democrazia, con il voto concesso finalmente anche alle donne.
Nel 1963 un’enorme frana proveniente dal monte Toc precipitò nelle acque del lago del Vajont, formando un’enorme ondata che provocò gravissime distruzioni e lutti agli abitanti tra Erto e Casso e Longarone. Il fatto più significativo del periodo successivo, oltre allo sviluppo economico e sociale e all’immigrazione dal Sud d’Italia, fu l’istituzione della nuova Provincia di Pordenone, nel 1968, e il contemporaneo spostamento della sede vescovile da Concordia Sagittaria nel capoluogo del Friuli occidentale.
Nel 1976 il Friuli venne colpito da un grave sisma e le forti scosse di maggio e settembre fecero molti danni e vittime nei paesi del settore nord-orientale della Destra Tagliamento. Il Terzo Millennio vede il Friuli-Venezia Giulia al centro della nuova Europa, pronto a rinverdire la vocazione, che è alla base della sua storia, di croce continentale delle culture.
(fonte: Touring Club Italiano “Pordenone e provincia” – autore: Giulio Ferretti)