La strada dei castelli
Il Friuli Occidentale è disseminato di castelli di differente periodo storico, alcuni ridotti a ruderi, altri ben ristrutturati e fra questi, molti che sono vere e proprie ville residenziali.
L’itinerario attraverso i castelli potrebbe avere, come punto d’avvio, Sacile con il suo antico borgo e i torrioni di Castel Vecchio e San Rocco.
L’origine di questi torrioni si può far risalire al X secolo, quando, su un’isola del Livenza fu costruito un castello che costituiva la piazzaforte dei patriarchi di Aquileia. Poi, nel 1347 il patriarca Bertrando di Saint Geniès fece costruire le mura di cinta che dal castello arrivavano fino al porto. Il castello fu trasformato nel corso del XIV-XV secolo e in ricordo dell’antico splendore rimangono i due torrioni.
Proseguendo lungo la strada provinciale, si arriva a Caneva e si raggiungono le antiche vestigia dell’omonimo castello.
Il Castello di Caneva fu costruito intorno all’anno 1000 e nel Medioevo, costituiva uno dei principali luoghi muniti del Patriarca di Aquileia. Dal XVI secolo, il castello, precedentemente popolato sia all’interno che all’esterno, è stato oggetto di un lento spopolamento, che ha condotto ad un inevitabile degrado, di cui oggi sono visibili resti delle antiche vestigia in alcuni tratti di muri e nella chiesa di S. Lucia. Oggi costituisce un ideale ambientazione per le numerose manifestazioni che si svolgono nei mesi estivi e primaverili, come "Castello in festa", manifestazione annuale con cena, passeggiate, giochi, ecc. e "Pasquetta in Castello".
Da qui si prosegue verso Polcenigo e ci si ferma ad ammirare il Castello.
Il Castello di Polcenigo è una grandiosa struttura in stile neoclassico con elementi del tardo barocco, situato in posizione dominante nell’antico borgo di Polcenigo.
Il nucleo originale risale al X secolo, quale feudo della famiglia Polcenigo, poi nel Duecento, venne ampliato andando a comprendere il borgo medievale.
Una delle ipotesi riguardo la sua antica origine lo vuole antecedente all’anno 1000, poiché si ha notizia che già nel 963, l’imperatore, Ottone I, avesse affidato la giurisdizione del castello al vescovo di Belluno.
Negli anni successivi il castello fu spesso oggetto di contesa a causa della sua eccellente posizione sul corso del Livenza e poiché fu da sempre considerato punto nevralgico fra le principali vie di comunicazione.
Nel corso del Settecento, parte del complesso venne trasformato, ad opera di Matteo Lucchesi fino ad assumere l’aspetto di un imponente villa veneta. Attualmente il castello si presenta come un rudere di cui rimane la sola facciata esterna, immersa in un paesaggio di straordinaria bellezza.
Molte sono le leggende che hanno come oggetto il castello; una di queste racconta che, alla fine del Quattrocento, in un periodo di lotte sociali che coinvolgevano da un lato contadini e d’altro lato nobili e feudatari, un contadino trovò un tesoro costituito da pietre preziose e gioielli e lo nascose in una profonda buca scavata sulla sommità del colle, al di sopra della quale, secoli più tardi, fu costruito il castello. L’uomo morì e nel corso dei secoli, intorno al probabile bottino, nacquero numerosi racconti. Uno di questi narra come il tesoro sia stato ritrovato durante i lavoro di costruzione del maniero, da un operaio, che divenne improvvisamente ricco e che, in seguito, si trasferì a Venezia, dove iniziò il commercio di legnami. Ancora oggi, secondo la leggenda, chi si trova nelle vicinanze del castello, può sentire un forte tintinnio di monete e se decide di mettersi a scavare, sarà investito da un forte vento, sentirà rumori cupi e vedrà la figura di un uomo che, a gesti, tenterà di allontanarlo.
Un’altra leggenda legata alle vicende del castello, riguarda i suoi antichi abitanti: un cavaliere e sua moglie. Il cavaliere era molto innamorato della moglie, ma, allo stesso tempo era molto triste perché lei non ricambiava il suo amore. Un giorno, durante una battuta di caccia, fu sorpreso da un temporale e cercò rifugio nella casa di un boscaiolo. Questi aveva una bellissima figlia, dai capelli color dell’oro, di nome Mafalda di cui il cavaliere presto s’innamorò e da cui ebbe un bambino. La moglie del cavaliere, venuta a conoscenza della storia d’amore fra i due, decise di vendicarsi e chiese aiuto alla maga di Cercivento. Quest’ultima, diede alla castellana uno spillo d’oro e un unguento molto velenoso che lei stessa aveva preparato. La castellana entrata di soppiatto nella casa di Mafalda, punse il neonato con lo spillone infettato. Mafalda rientrata in casa trovò il bambino morto e il cavaliere, intuito chi fosse il colpevole, andò al castello e spinse la castellana lungo il colle dicendole: " Serpente che sei, che tu sia maledetta". La castellana, divenuta serpente, da quel momento, striscia fra l’erba del castello e fissate al collo ha un mazzo di chiavi, le chiavi dei forzieri che contengono i tesori murati da qualche parte nel castello. Su una delle chiavi vi è l’indicazione del luogo di sepoltura del tesoro.
Lasciato alle spalle il castello di Polcenigo e le sue leggende, proseguiamo in direzione di Castello D'Aviano, frazione di Aviano, dove sopravvive l’antica cinta muraria, parte integrante del Castello d’Aviano.
Questo fu concesso dall’imperatore al vescovo di Belluno nel 1161 ed è un classico esempio di architettura militare medievale, con sette torri e cinta murarie di difesa.
Il castello fu edificato dai patriarchi di Aquileia dopo le incursioni ungheresi, avvenute intorno all’anno 1000; fu dominio dei patriarchi fino al 1420, quando passò sotto il dominio veneziano. A seguito di diverse distruzioni, fu abbandonato nel 1499 dopo l’invasione turca, cui seguì, nel 1500, il saccheggio. Successivamente, i Veneti avviarono la ricostruzione e si appropriarono del castello, che persero nuovamente nel corso delle lotte sollevate dalla lega di Cambray. Alla fine del ‘600 entrò in possesso dei nobili Gabrielli.
Attualmente, come anticipato in precedenza, se ne possono ammirare solo i resti: due torri, i resti del mastio, ampie parti della cinta muraria con un portale del X secolo e la chiesetta castellana delle Sante Maria e Giuliana.
Si scende lungo la strada provinciale e superando Roveredo in Piano si arriva a Torre di Pordenone. Torre è una frazione di Pordenone di origine più antica del capoluogo stesso, che si caratterizza per l’imponente Castello eretto su un lieve rilievo, sull’ansa del fiume Noncello.
Il Castellodi Torre, sede del Museo Archeologico, sorse con tutta probabilità nella seconda metà del XIII secolo ad opera del Patriarca di Aquileia e dei Signori di Prata che lo avevano in gestione.
Privo di ogni mura di cinta, il castello è un complesso di elementi diversi, appartenenti a tutte le epoche. La fortificazione del XIII secolo si sviluppa attorno a una torre-mastio di circa 9 metri di lato e con uno spessore di circa 2 metri e mezzo. In seguito, probabilmente intorno ai primi decenni del XIV secolo, la torre venne innalzata di un piano, mentre, tra la parte settentrionale della torre e il muro di cinta, venne costruito un ambiente provvisto di merlature ghibelline, forse creato dai Conti di Gorizia, tradizionalmente nemici del Patriarca, durante l’occupazione del 1313-1317. Nel 1374 il Castello, dopo la conquista ad opera delle truppe del patriarca Marquando di Randek, tornò sotto l’influenza del patriarcato. Nel 1391, a seguito di permute fra il patriarcato e il conte di Moravia, il castello cadde sotto il dominio del casato dei conti Torre-Ragogna, i quali, spinti dall’ambizione di porre sotto il loro dominio l’intero territorio, presto si posero in contrasto con i contadini locali e sottoposero il territorio del Pordenonese a saccheggio fino al 1402.
E’ probabilmente opera del nuovo feudatario Giovannino di Ragogna l’erezione di una torre circolare nell’angolo sud-occidentale della cortina muraria, costruita per rispondere al meglio alle nuove esigenze dell’artiglieria.
Dopo che Venezia nel 1420 occupò la terraferma, il castello dei di Ragogna perse il proprio carattere militare e venne trasformato in residenza signorile.
Alla seconda metà del XVII secolo risalgono la costruzione della loggia nella parte meridionale del castello, l’ampliamento del castello con lo scalone che porta al piano nobile, dotato di pavimentazione a terrazzo alla veneziana e la decorazione del piano terra della torre-mastio. Altri spazi di servizio vennero costruiti nel XVIII secolo e nei primi anni del XX secolo iniziarono gli interventi nella parte meridionale del complesso.
Molte sono le leggende che sorsero intorno al castello; una di queste narra che il castello fosse abitato da un nobile cavaliere innamorato di una bella mugnaia che abitava vicino al castello. Il conte, secondo la leggenda, soleva affacciarsi alla finestra più alta della torre, di fronte al mulino per lanciare segnali alla bella mugnaia per accordarsi sugli incontri clandestini.
Una sera, il conte si recò nel luogo prestabilito per incontrare la mugnaia, ma, ad un certo punto, il pugnale che portava nel fodero gli cadde. A quel punto, egli si chinò per raccoglierlo ma fu colpito alla testa dal suo cavallo, improvvisamente imbizzaritosi e morì.
Per questa ragione la torre più antica del castello è nota come la "torre della mugnaia".
Il castello, negli ultimi anni, è stato oggetto di un’ampia opera di restauro e attualmente ospita il nuovo museo archeologico contenente reperti della Destra del Tagliamento; nelle sue vicinanze, inoltre, sono visitabili anche i resti di un’antica villa romana.
Proseguendo l’itinerario si arriva a Porcia, anche qui, alla presenza dell’imponente Castello dei Conti di Porcia, creato dagli stessi nel XIII secolo. Il conte Girolamo di Porcia nel XVI secolo scrisse che il maniero "è grosso benissimo accasato e con acque assai" e che ragguardevoli erano alcune ali dello stesso dove nel 1532 venne ospitato l'imperatore Carlo V. Il mastio, mozzato sul finire del XIX secolo, dovrebbe risalire al Mille, anche se lo si vorrebbe addirittura del periodo romano.
In esso si conservano decorazioni ottocentesche e sette vedute architettoniche parietali, è tuttora imponente e vi ha sede un'azienda vinicola.
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